venerdì 27 gennaio 2017

L'economia che uccide ha bisogno della guerra

Papa Francesco ha concesso al giornale spagnolo El Pais un lunga intervita sulla chiesa e sul mondo.
Gli viene chiesto ciò che oggi lo preoccupa di più. La sua risposta è netta: la guerra. Poi parla di guerra nucleare e infine della terza guerra mondiale fatta a pezzi.


Non è un papa impaurito. Al contrario pone le urgenze e il realismo del vangelo di fronte a coloro che sembrano preferire la guerra come il versante più radicale della mondanità.
Egli sente l’avvicinarsi della guerra, anche perché essa mette radici nelle imponenti diseguaglianze che caratterizzano la vita dei popoli. Dice papa Francesco “un piccolo gruppo di umanità detiene l’80% della ricchezza mondiale
Il report di Oxfam spinge le coscienze più pensose a riflettere sul presente e futuro ,su guerra e diseguaglianze crescenti..Ha scritto Romano Prodi:”questo rapporto ,con 8 paperoni, che hanno la stessa ricchezza di 3,5 miliardi delle persone (dunque la metà) non è un paradosso .
È il frutto di un sistema ,in cui per definizione le diseguaglianze aumentano, i capitali fuggono  verso nuove mete ,stiamo costruendo in cui dominano le grandi multinazionali e i paradisi fiscali”
Ecco l’economia che uccide, secondo la riflessione di papa Francesco nella Evangelii gaudium.
E l’economia che uccide ha bisogno della guerra. Tutto questo ci è stato narrato in questi anni da Tripoli a Damasco, da Mosul ad Erbil, da  Bagdad a Tehran,da Sana a Gerusalemme ,per non dimenticare la guerra dei cristiani in Europa, arrivando al conflitto israelo/palestinese.
L’economia che uccide costituisce la guerra come dominante culturale e politica, come potenza distruttiva assoluta.
Gli ultimi sei anni in Medio oriente hanno reso visibile la potenza delle armi e del loro micidiale mercato,la forza invisibile delle banche,il petrolio. Ecco chi   alimenta in modo permanente le guerre stesse.
Per la prima volta il papa parla del fatto che “oggi si descrive “una guerra nucleare come se fosse un gioco di carte”. Forse fa riferimento alla Corea del Nord, certo non vuole impaurire, ma rendere presente all’intera umanità, a quale punto siamo arrivati,seguendo la economia che uccide,la cultura dello scarto
La cultura del protezionismo è cultura di guerra e di conflitto. La stessa Europa o ritrova la via dell’unità culturale politica e spirituale o altrimenti sarà sedotta dai nuovi populismi. L’attrazione dell’uomo solo al comando, i muri, i fili spinati sono gli armamentari di una tragedia culturale e politica.
Fa impressione che il papa faccia riferimento al nazismo come misura del populismo europeo:” la Germania, un paese distrutto, che cerca la sua identità e cerca un leader che gliela restituisca. Lo trova in Hitler ,che è stato votato dal suo popolo,che poi lo ha distrutto.
Questo è il pericolo. In tempo di crisi non funziona il discernimento. Cerchiamo un salvatore che ci restituisca l’identità e ci difendiamo con i muri, fili spinati, con qualunque cosa, dagli altri popoli,che possano privarci della identità
Ecco la tragedia del populismo europeo. Ecco il discernimento evangelico dei tempi, a cui ci chiama il papa. Se vogliamo evitare la guerra, non c’ alternativa al vangelo della pace. Il Vangelo disarmato
Egli indica alla chiesa di seguire il vangelo nella prossimità dei più piccoli, pronta a dare la vita per   essere una chiesa mediatrice e non intermediaria, pronta a dare la vita, perché due si incontrino; una chiesa che non sia una Ong., che non faccia beneficenza ma consegni il mistero della pace.
Domanda una cultura dell’accoglienza realistica, solidale, capace di dare risposte ai migranti ,che arrivano dal mare,aprendo le porte insegnando la lingua  a chi bussa.
E qui fa l’esempio di sant’Egidio e di alcune esperienze in Svezia, ma verrebbe da aggiungere la piccola scuola di bimbi sordomuti, cristiani e musulmani di Aleppo, sostenuta dai focolarini. Esempi da vivere, non da esibire.

Articolo di Massimo Toschi su Città Nuova