Yemen,
a due anni dall'inizio del conflitto la società civile italiana chiede di
fermare le armi per bloccare la guerra
Lettera
al Ministro Alfano da parte di sei organizzazioni dell'associazionismo italiano
(Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica,
Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo) con il sostegno del missionario
Comboniano Alex Zanotelli.
A
seguito di settimane di scontri tra ribelli Houti e le forze presidente eletto
Hadi, e con quest'ultimo in fuga, il 26 marzo 2015 una coalizione guidata
dall’Arabia Saudita e comprendente i Paesi del Golfo Persico (eccetto l’Oman)
insieme ad Egitto, Giordania, Marocco e Sudan lanciarono i bombardamenti
dell’operazione chiamata “tempesta decisiva”. L'inizio di una sanguinosa guerra
nello Yemen che dopo due anni non accenna a placarsi.
Secondo
le Nazioni Unite, che fin da subito hanno iniziato a sottolineare una crisi
umanitaria sempre crescente causata dal conflitto, in 24 mesi di scontri ci
sono stati oltre 4.500 morti civili, con oltre 8.000 feriti, e un numero di
sfollati che supera i tre milioni. Sempre secondo le strutture Onu sul Paese
incombe “un grave rischio di carestia”: quasi 7,3 milioni di yemeniti avrebbero
bisogno di un urgente aiuto alimentare e oltre 430.000 bambini soffrono di
malnutrizione grave.
Sulle
città e paesi dello Yemen sono stati sperimentate da entrambe le parti in causa
tecniche militari particolarmente distruttive nei confronti della popolazione
civile, come esempio gli attacchi “double tap” che mirano non solo a
distruggere gli obiettivi ma anche di uccidere i soccorritori
Le
realtà della società civile, che già da mesi si sono occupate della questione
yemenita, si sono dette ancora una volta fortemente preoccupate del fatto che
l’Italia stia continuando a fornire all’Arabia Saudita e ai membri della sua
coalizione sistemi militari e munizionamento che alimentano il conflitto,
nonostante diversi rapporti e notizie attendibili dimostrino le gravi e
reiterate violazioni delle convenzioni internazionali su diritti umani e
diritto umanitario da parte della coalizione a guida saudita.
Di fronte a questa situazione ormai insostenibile Amnesty
International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal
Brescia, Rete Italiana per il Disarmo hanno deciso di scrivere al Ministro
degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Angelino Alfano per
sollecitare un ruolo positivo dell'Italia nella crisi, che non si limiti solo a
lenti passi diplomatici.
“In
Yemen si sta consumando una guerra di cui nessuno parla, che finora ha
distrutto la vita di migliaia di civili e provocato un disastro umanitario che
vede oggi oltre 3 milioni di persone senza alcun rifugio e 2 milioni di bambini
che non possono andare a scuola – afferma Antonio Marchesi presidente di
Amnesty International Italia - Nonostante questo, il Governo italiano sta
continuando ad autorizzare la fornitura di armi all'Arabia Saudita, violando, a
nostro avviso, il diritto nazionale ed internazionale e contribuendo al
perpetuarsi delle violenza. E' ora di porre fine a queste vendite".
Sulla
stessa linea la dichiarazione di Roberto Barbieri, Direttore Generale di
Oxfam Italia: “Se le parti in conflitto - e coloro che lo alimentano con
vendita di armi - continuano ad ignorare la crisi alimentare dello Yemen, saranno
responsabili di aver causato una carestia. Il popolo dello Yemen sta morendo di
fame e non può sopravvivere a lungo in
questa situazione.”
Lo
scorso 27 gennaio è stato trasmesso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” che evidenzia che
“I bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita
hanno devastato le infrastrutture civili in Yemen, ma non sono riuscite a
scalfire la volontà politica dell’alleanza Houthi-Saleh a continuare il
conflitto”. E soprattutto riporta che “Il conflitto ha visto diffuse violazioni
del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo
di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi
sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha
rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei che
diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale”. (p. 3)
"Non
è quindi più accettabile – commenta Piergiulio Biatta, presidente
dell'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e
Difesa (OPAL) di Brescia – che l'Italia continui ad inviare sistemi
militari e munizionamento alle forze armate dell'Arabia Saudita. Non solo le
associazioni internazionali, ma le stesse Nazioni Unite certificano oramai con
chiarezza che numerosi bombardamenti effettuati dalla coalizione a guida
saudita, ed in particolare quelli sulle zone abitate da civili, sono in palese
violazione delle leggi internazionali. Si tratta di bombardamenti effettuati
anche con bombe prodotte ed esportate dall’Italia”.
Il
Rapporto dell’Onu, infatti, documenta il ritrovamento, a seguito di due
bombardamenti a Sana’a nel settembre 2016, di più di cinque “bombe inerti”
sganciate dall’aviazione saudita contrassegnate dalla sigla “Commercial and
Government Entity (CAGE) Code A4447”. Quest’ultima è riconducibile all’azienda
RWM Italia S.p.A. (Via Industrale 8/D, 25016 Ghedi, Italia). Secondo gli
esperti delle Nazioni Unite, “l’utilizzo di queste armi rivela una tattica
precisa, volta a limitare i danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili”.
Gli esperti spiegano inoltre che “una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un impatto
pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una velocità di circa
160 km all’ora” (cfr. pp. 171-2).
Secondo
i dati elaborati dall’Osservatorio OPAL e dalla Rete Disarmo lo scorso anno
dall'Italia sono state inviate all’Arabia Saudita bombe e munizionamento
militare per un valore complessivo di oltre 40 milioni di euro, in crescita
rispetto ai 37,6 milioni di euro del 2015. Le spedizioni sono state tutte
effettuate dalla provincia di Cagliari e sono riconducibili alla RWM Italia, azienda
del gruppo tedesco Rheinmetall, che ha la sua sede legale a Ghedi (Brescia) e
la sua fabbrica a Domusnovas, non lontano da Cagliari. Già dal 2015, e dunque a conflitto già aperto
e dichiarato, sono state confermate e certificate numerose spedizioni di bombe
aeree della RWM Italia dalla Sardegna all’Arabia Saudita, l'ultima
probabilmente solo pochi giorni fa.
“Nei
mesi scorsi la Procura di Brescia, a seguito di un esposto promosso dalla
nostra Rete in diverse città d'Italia - commento Francesco Vignarca
coordinatore della Rete italiana per il Disarmo - ha aperto un’inchiesta
sulle forniture di bombe aeree all’Arabia Saudita; un'azione, quella del
Coinvolgimento della magistratura, che abbiamo voluto portare avanti in
coordinamento e analogia con iniziative simili negli altri paesi europei
fornitori di armi nella regione. Riteniamo che continuando a fornire armi alla
coalizione guidata dall’Arabia Saudita, nonostante il rischio sostanziale che
siano usate per commettere o facilitare violazioni, l’Italia sta violando sia
il diritto internazionale (ovvero, il trattato internazionale sul commercio
delle armi), che quello nazionale (la legge n. 185 del 1990)”.
Va
ricordato che secondo tale legge è proibito vendere armi a Paesi che siano in
stato di conflitto armato; che tale sia la situazione dello Yemen e dei Paesi
facenti parte della coalizione a guida saudita lo testimonia lo stesso sito viaggiaresicuri.it
promosso dall'Unità di crisi del Ministero degli Esteri: “Il 26 marzo 2015
una coalizione guidata dall'Arabia Saudita ha iniziato le operazioni militari
contro gli Houthi. Il conflitto è ancora in corso e coinvolge un gran numero
di governatorati. Il protrarsi del conflitto ha causato un gravissimo
deterioramento della situazione umanitaria nel Paese”. Una precedente
formulazione della stessa pagina era ancora più chiara a riguardo: “È'
assolutamente sconsigliato, in questo particolare momento, recarsi in Yemen ed
effettuare viaggi in tutto il Paese […]. Dopo una fase di elevata instabilità
dal punto di vista politico-istituzionale, una coalizione di Paesi (guidata
dall’Arabia Saudita) è intervenuta militarmente […]. Il conflitto è tuttora in
corso e coinvolge un gran numero di governatorati. Le condizioni umanitarie
stanno divenendo insostenibili per larga parte della popolazione civile, come
indicato nei report delle Nazioni Unite, che hanno documentato anche arresti
arbitrari e violazioni del diritto umanitario da ambo le parti coinvolte nello
scontro armato”
“Un
governo che dovrebbe impersonare la legalità sta violando le leggi questo Paese
si è dato con il suo Parlamento sovrano: una contraddizione in termini non
più accettabile. Dobbiamo chiedere con forza che la politica italiana dica
da che parte vuole stare, se da quella della popolazione civile o dei
produttori di armi. E che la 185/90 venga rispettata pienamente e nei suoi
principi, non solo sulla carta” commenta padre Alex Zanotelli,
missionario comboniano.
«Nonostante
le migliori intenzioni e le denunce avanzate dai parlamentari presenti al dibattito
per un’economia disarmata dello scorso 14 marzo promosso nell’aula dei gruppi
parlamentari dal Movimento dei Focolari in Italia – affermano i due responsabili
Andrea Goller e Rosalba Poli – la situazione non sembra affatto rientrare
tra le priorità del governo e delle forze politiche, quando basterebbe un
semplice atto di indirizzo delle commissioni Difesa di Camera e Senato per
impegnare l’esecutivo a mantenersi in linea con i valori costituzionali. Non
dare risposte vuol dire lasciare interi territori davanti al ricatto tra lavoro
e concorso alla guerra. Occorre perciò una vera riconversione economica. L’impegno
quindi non può che continuare nel segno di un forte appello alla coscienza di
ognuno».
Le
richieste avanzate al Ministro Alfano dalle organizzazioni della società civile
sono semplici e urgenti.
Occorre
porre fine immediatamente al trasferimento di sistemi militari e munizionamento
verso la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, per prevenire ogni rischio di
commettere o facilitare serie violazioni del diritto umanitario e dei diritti
umani in Yemen. In seno alla comunità internazionale, e valorizzando la
presenza dell'Italia nel Consiglio di Sicurezza ONU, occorre fermamente
condannare l’uso di munizioni a grappolo nel conflitto e fare pressione affinché
anche l’Arabia Saudita ratifichi il trattato internazionale sulle munizioni a
grappolo, distruggendo quelle che ancora possiede.
Amnesty International, Oxfam, Movimento dei
Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo si
uniscono a diverse altre organizzazioni internazionali nel sollecitare
l’istituzione di una indagine internazionale indipendente per esaminare le
violazioni da tutte le parti in conflitto, al fine di assicurare la giustizia,
le responsabilità e il risarcimento per le vittime, promuovendo nel contempo in
sede europea l’attuazione della Risoluzione del Parlamento europeo del 25
febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)) che ha
invitato “il VP/AR ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da
parte dell'UE di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita,
tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario
internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo
rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto
la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008”.
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