Caro papa
Francesco
Il percorso
di quest’anno giubilare ci ha radicato nella scelta di lasciare sempre aperta a
Dio la porta della nostra coscienza per essere pronta ad abbattere i muri
dell’indifferenza e dell’odio.
Sappiamo che
non possiamo costruire ponti di pace senza aver rifiutato ogni compromesso con
«l’economia dell’esclusione e dell’inequità».
Non possiamo
dire “A me che importa?”.
Non possiamo restare inerti di fronte alle tue
parole che ci invitano a riconoscere l’esistenza dei «sistemi economici che per
sopravvivere devono fare la guerra. Allora si fabbricano e si vendono armi e
così i bilanci delle economie che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del
denaro ovviamente vengono sanati. E non si pensa ai bambini affamati nei campi
profughi, non si pensa ai dislocamenti forzati, non si pensa alle case
distrutte, non si pensa neppure a tante vite spezzate».
Di fronte al
grido “mai più la guerra!” che «si leva in ogni parte della terra, in ogni
popolo, in ogni cuore», restiamo sgomenti di fronte a chi giustifica l’orrore del
fratricidio con le ragioni del cosiddetto realismo politico. Affermiamo invece
che, non solo per i credenti, «Gesù Cristo è il più grande realista della
storia» e vogliamo seguirti in questo cammino di edificazione della pace. Come
ci ha insegnato Igino Giordani, «Non si fa male per avere bene. “Se vuoi la
pace, prepara la pace”». E gli operatori
di pace, secondo Chiara Lubich, «non sono quelli amano la tranquillità, non
sopportano le dispute per non essere disturbati» ma «coloro che amano tanto la
pace da non temere di intervenire nei conflitti per procurarla a coloro che
sono in discordia».
Per essere
credibili sappiamo, infatti, che non servono le dichiarazioni o le buone
intenzioni. Come hai detto ai movimenti popolari in Bolivia nel luglio 2015, è
“l’amore fraterno” che conduce a “ribellarsi contro l’ingiustizia sociale”.
Così oggi noi in Italia e nel mondo non possiamo accettare che si continuino a
inviare armi verso i Paesi in guerra o che non rispettano i diritti umani. Come
risposta al tuo invito, che conferma la scelta della nostra coscienza, ti
dichiariamo che vogliamo contribuire a disarmare “l’economia che uccide” impegnandoci
a lavorare per una riconversione integrale della produzione e della finanza. Adesso
non domani.
Alcuni di
noi saranno il 20 novembre in piazza San Pietro per confermarti questa scelta
esponendo la scritta: “Mai più la
guerra, riconvertiamo l’economia che uccide”.
Non resti
inefficace la traccia del Giubileo della misericordia nel nostro cuore e nella
nostra mente.
Il Movimento
dei Focolari in Italia
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